Alpecin-Fenix, la rinascita di Petr Vakoč è completa: “Ero pronto per qualcosa di nuovo. Qui otterrò più libertà”
Il 2020 potrebbe rappresentare la stagione del rilancio definitivo di Petr Vakoč. Il 27enne ceco ha infatti lasciato a fine stagione la Deceuninck-Quick-Step, squadra che lo aveva lanciato nel professionismo sei anni fa e che lo aveva accompagnato nel recupero dopo il terribile incidente del gennaio 2018, quando fu investito da un camion durante un training camp in Sudafrica insieme a Laurens de Plus. Bob Jungels, che si trovava con loro, riuscì invece ad evitare l’impatto. Operato alle vertebre, sembrava che potesse addirittura rimanere senza squadra, ma è invece stato riconfermato da Patrick Lefévère, nonostante il contratto scaduto a fine 2018, riuscendo a tornare in gruppo a inizio 2019. Tornato a gareggiare a discreti livelli, ha deciso di accasarsi alla Alpecin-Fenix, casacca con la quale è certo di tornare al suo massimo splendore.
Raggiunto da Wieleflits, il ceco fa il punto della situazione, ripartendo dai terribili momenti dopo l’incidente: “Ero sdraiato sull’asfalto, con diverse di persone chinate su di me. Come se mi svegliassi da un incubo. Fino a quando improvvisamente mi sono reso conto che era tutt’altro che un sogno e ho sentito un fortissimo dolore alla schiena”. Lo stato di shock era evidente: “Mi ci è voluto un po’ per capire dove fossi ma quando me ne sono reso conto ho capito subito che la situazione era seria. Ero cosciente ma sotto shock. Ecco perché non riuscivo a muovere le gambe. Mi è preso il panico. Nel giro di poco mi sono reso conto che in primo luogo dovevo essere felice di essere ancora vivo“.
I soccorsi sono stati poi lentissimi: “Dopo essermi svegliato, ci è voluta un’altra ora prima che arrivassero le ambulanze. Poi abbiamo attraversato le montagne per un’altra un’ora e mezza o due prima che di arrivare all’ospedale“. Con sei vertebre rotte e un intervento chirurgico d’urgenza, la cosa più importante è stato sapere che avrebbe potuto rimettersi completamente: “Che sollievo. Mi sarei ripreso, mi dissero i dottori. Sarebbe stata una lunga riabilitazione, ma ero fiducioso”.
Dopo diverse ricadute e un 2019 in crescita, guarda ora al futuro “con fiducia”, sottolineando come la scelta di cambiare squadra sia stata sua: “Sono stato benissimo con la squadra per sei anni, ma in ogni caso ero pronto per qualcosa di nuovo“. Spiega quindi quali sono stati i fattori che lo hanno portato a maturare questa decionse: “Da un lato, in questa squadra otterrò un po’ più di libertà. E voglio anche provare le classiche della primavera fiamminga. Nella Quick-Step sono stato etichettato come corridore per le Ardenne, soprattutto dopo aver vinto la Freccia del Brabante nel 2016. Avevo parlato con Patrick per poter farne alcune in futuro, ma c’è tantissima concorrenza. Forse le possibilità erano addirittura inferiori al cinquanta per cento che ciò fosse possibile. E nelle Ardenne, Julian Alaphilippe è il leader unico della squadra. Quindi ho pensato che fosse il momento giusto per passare all’Alpecin-Fenix. Volevo una squadra di alto livello in termini di coaching e materiali e allo stesso tempo una squadra leggermente più piccola, in modo da avere più libertà. Penso di aver trovato tutto nella Alpecin“.
Anche qui non sarà facile spodestare Mathieu van der Poel dalla leadership della squadra: “Lo so – aggiunge – Ma Mathieu combina tre diverse discipline. E non può correre dappertutto. Quindi penso che ci saranno opportunità”. Inoltre, pensa di poter giocare anche il ruolo di outsider: “Sarà preso di mira dalla concorrenza. Forse posso approfittarne“.
Il suo programma do corse del 2020 verrà definito solo a febbraio, ma gli obiettivi sono tutti in primavera: “Abbiamo in programma l’Omloop Het Nieuwsblad e, se avremo gli inviti, le corse italiane. Per poi fare un mix di classiche fiamminghi e delle Ardenne in primavera”.
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